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Per lo chef di Miss Italia, Bruno Brunori, la “ristorazione tradizionale che fa i grandi numeri ha i giorni contati”. E il futuro? Ricette antiche e ristoranti piccoli in cui vincerà la funzione sociale della ristorazione
La ristorazione italiana è nel momento più buio. Gran parte dei ristoranti non riapriranno e c’è chi, per resistere, manda avanti da solo il proprio ristorante. Ma per quanto si potrà andare ancora avanti così? Quali sono i cambiamenti di sistema che si stanno realizzando? E soprattutto: quando si riaprirà che ristoranti avremo? Bruno Brunori, chef di Miss Italia e titolare di Casa Brunori a Grottaferrata, non ha dubbi. Si tornerà alle ricette della nonna, i grandi ristoranti non sopravviveranno e anche le ricette preparate riscopriranno la semplicità. Ma lasciamo a lui la parola.
Da chef affermato qual è, crede che questo periodo così difficile stia in qualche modo premiando la qualità o cosa?
“Questo periodo così difficile sta premiando solo chi aveva il conto in banca fornito. È stato penalizzato anche chi ha la qualità ma non la possibilità di portare avanti i propri locali, pagando gli affitti e le bollette. Certamente c’è stata una grossa modifica della ristorazione con l’introduzione del delivery: è stato fatto un delivery di qualità con piatti che sono ormai studiati per la consegna, per essere messi in box e rigenerati una volta arrivati a casa. Piatti che sono anche assemblati in modo da poterli servire direttamente sul piatto non appena consegnati”.
Ritiene che la ristorazione come l’abbiamo sempre conosciuta abbia i giorni contati?
“La ristorazione tradizionale, che fa i grandi numeri, ha i giorni contati. Tant’è vero che stanno aprendo delle piattaforme per la ristorazione pronta che consegneranno a bar, tavole calde e ristoranti. Ci saranno cioè luoghi come grandi centri di cottura in cui si farà dalla cacio e pepe alla lasagna al filetto alla Rossini. I locali ordineranno e questi grossi centri di cottura prepareranno le cose e le porteranno pronte da rigenerare nei punti vendita.
Rimarranno sostanzialmente i ristoranti come il mio. Cioè quei ristoranti che vivono da quarant’anni con la propria clientela affezionata che viene per mangiare, per passare il tempo, per trovare lo chef e dire due parole con un amico. Questa è la ristorazione che rimarrà ma la grossa banchettistica e i tanti che facevano i grandi numeri penso che piano piano, se permanessero altri due o tre mesi di questo status, non riusciranno materialmente ad andare avanti. Da rappresentante della Federazione Italiana Cuochi so che abbiamo il 40% di locali che non aprirà più. Il comparto della ristorazione faceva il 13% del Pil nazionale, ora abbiamo oltre 390 mila persone che hanno perso il lavoro e ancora non si vede luce”.
Alcuni ristoratori hanno iniziato a gestire i propri locali da soli, senza dipendenti. Che ne pensa?
“Per forza…. io il locale l’ho gestito da solo da Pasqua ad oggi tranne quei pochi sabati e domeniche che ci hanno permesso di aprire, per i quali ho chiamato un aiuto. Però per tutto il resto io cucino, faccio la spesa, pulisco e consegno da Vigna Stelluti a Finocchio, Rocca di Papa e nei Castelli: faccio tutto il giro, come l’ho fatto alla Vigilia di Natale, a Natale e nella notte del 31 con i cenoni. Più di questo non si può fare. Intanto sto aspettando di aprire anche il comparto della pizzeria per partire con la pizza a domicilio, di cui nelle nostre zone c’è molta richiesta”.
Quale sarà la ristorazione del domani?
“La ristorazione del domani rimarrà quella caratteristica, che tornerà alla cucina dei nonni, alla cucina del territorio. Ci saranno ristoranti piccoli, senza troppe trasformazioni o, come lo chiamo io, ‘inquinamento dei sapori’, senza mischiare tutti gli ingredienti. Tanti stellati stanno chiudendo, tranne quelli dei grandi alberghi che però non so quanto reggeranno ancora.
La ristorazione rimarrà quella di un tempo, quando la gente usciva dalle grandi città, andava nel paesino, al mare, in montagna o in collina per trascorrere il suo tempo piacevolmente a tavola, mangiando le ricette che proponevano i loro nonni: le fettuccine e il raviolo ripieno fatti in casa, la frittata con la borragine, la misticanza del campo che facevano le donne nelle vigne, l’abbacchio a scottadito, le fettuccine alla burina o alla vignarola – con i carciofi, le fave, i piselli e il guanciale. Ritornerà sicuramente la famosa vitella funghi e piselli.
Tutte queste ricette di una volta si riscopriranno e si andrà in tutti questi piccoli ristoranti per degustare e stare in compagnia degli amici. I locali diventeranno un punto di incontro e di degustazione oltre che di festeggiamenti. Il ristorante rimarrà il punto in cui trascorreremo i momenti più belli della nostra vita: il battesimo, la comunione, la laurea, il matrimonio, il compleanno, l’avanzamento di grado e la promozione. Durante questo tempo, in cui si è allo sbando, anche questa funzione sociale è venuta a mancare e si è risposto con il delivery, che dà il gusto del mangiare ma non quello della socialità“.