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“Meglio dieci parcheggi in più o un edificio vivo e funzionale per la città che fino ad oggi ha dimostrato di reggere 250 tonnellate di acqua?” Erminio Latini chiede un dibattito pubblico sul futuro della torre dell’acqua di Artena: “Non è un problema di maggioranza e minoranza ma di sensibilità, è un fatto culturale”
“Così com’è la torre non ha senso ma tra fare dieci parcheggi per le auto e ristrutturarla per farci una torre civica fruibile e viva per delle attività, magari un caffé e un osservatorio, cosa è meglio?”. A rilanciare il dibattito sul futuro della torre dell’acqua di Artena è Erminio Latini, oggi consigliere comunale di minoranza, chiedendo “una discussione pubblica per ascoltare la gente e per non perdere un’opportunità”. “Non è un problema di maggioranza o di minoranza ma di sensibilità, è un fatto culturale” afferma Latini che rintraccia dei buoni motivi per riconvertire la torre anche nelle recenti dichiarazioni dell’assessore Pecorari, orientato invece alla demolizione.
“Ho sentito che la torre non è antisismica – argomenta Latini – ma non mi pare che il resto di Artena, dal centro storico agli edifici storici pubblici, sia stato costruito con criteri antisismici. Addirittura, quando ho fatto acquistare il Granaio dal Comune mi dicevano che bisognava demolirlo. Tra l’altro se la torre dell’acqua fino ad oggi ha sostenuto 250 metri cubi di acqua, che sono 250 tonnellate, è un edificio su cui si può lavorare. Per l’aspetto economico poi la strada si trova – ha concluso Latini -, se ne può anche parlare con l’Acea che da come si dice dovrebbe comunque spendere dei soldi per fare la demolizione, la cosa importante intanto è non perdere un’opportunità”.
Lo studio della University of Notre Dame
L’idea di riqualificare la torre è vista di buon occhio da tanti artenesi per motivi diversi, d’altra parte la funzione simbolica delle torri e le riqualificazioni sono note. Altri invece non vedono altra soluzione che la demolizione per “dare luce” al centro urbano. In passato la torre è stata anche oggetto di uno studio dell’University of Notre Dame, coordinato dal prof. Ettore Maria Mazzola, pubblicato da Cangemi editore nel 2004.
Lo studio si intitola “Artena. L’integrità urbana ritrovata” e già nel 2004 prospettava una riqualificazione della torre, trasformandola da torre dell’acqua a torre civica. L’edificio veniva idealmente inserito in un complesso immobiliare che sarebbe stato naturale prosecuzione del centro storico, tra porticati, piazze ed edifici pubblici. Ricreando cioè un centro città in stile tipicamente italiano e di collegamento col centro storico.
La sintesi da ritrovare tra città nuova e città vecchia
In effetti il punto di crisi dell’urbanistica e dell’edilizia di Artena si rintraccia proprio tra l’inizio del centro urbano e la fine del centro storico. Vi è una nota netta cesura tra ciò che è nuovo e ciò che è antico, senza continuità. La città nuova è stata letteralmente giustapposta alla città vecchia, creando due mondi che attualmente “si parlano” soltanto grazie alla riconversione dell’Asilo San Marco in Comune, dell’ex Granaio in museo e centro culturale-istituzionale, dell’ex Eca in centro sociale e biblioteca.
Lo studio dell’università americana di Notre Dame cercava di ricostruire il rapporto tra il nuovo e l’antico. Di quell’idea, che comprendeva anche un nuovo Comune e una nuova piazza, alla fine fu realizzata solo la ristrutturazione dell’ex Granaio e dell’ex Eca. Il primo fu acquistato dalla famiglia Borghese malgrado ci fosse una perizia dei Vigili del Fuoco che ne consigliava l’abbattimento. Il secondo fu ristrutturato ed oggi ospita la biblioteca, il centro anziani e la Polizia Locale. Come quei due edifici sono stati esempi felici di riqualificazione, anche per la torre degli anni Cinquanta si potrebbe fare altrettanto?
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