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Una stele con 28 nomi è stata inaugurata in via Colle dell’Elefante a Colleferro alla presenza del Presidente del Tribunale di Velletri, del Sindaco e di altre autorità
Stamattina a Colleferro il Sindaco Sanna, insieme al Presidente del Tribunale di Velletri Mauro Lambertucci e al sostituto procuratore Giuseppe Travaglini, ha inaugurato la stele dedicata ai 28 magistrati uccisi tra il 1960 e il 2015. Alla cerimonia hanno partecipato anche il magistrato Massimo Gallo, già presidente della Corte d’appello di Roma, e il dott. Stefano Amore, assistente di studio presso la Corte Costituzionale. La stele situata in via Colle dell’Elefante riporta i nomi dei 28 magistrati, servitori dello Stato, che hanno perso la vita a causa delle mafie, delle Br o per mano di delinquenti comuni.
La cerimonia di inaugurazione ha visto anche la piantumazione di 24 nuovi alberi nel nuovo “Giardino della memoria e della Giustizia”, alla presenza di autorità civili e religiose, tra cui il Consigliere regionale Eleonora Mattia. Ad aprire gli interventi, dopo la benedizione di Don Franco Fagiolo, il sindaco di Colleferro che ha presentato il nuovo giardino “come un segnale di rinascita, non solo per questa nuova comunità residenziale, ma anche per tutto il comprensorio, simbolo di memoria e di educazione per le nuove generazioni”.
Travaglini, Gallo e Lambertucci hanno portato ciascuno la propria esperienza negli anni delle stragi, rimarcando il ruolo delle scuole e della comunità nel combattere i fenomeni mafiosi. Ai giovani si è rivolto infine anche il dottor Stefano Amore, che ha chiuso gli interventi con una riflessione sulla “ricerca della verità, quella che ha portato questi uomini e donne alla morte”. “Abbiamo paura della verità – ha affermato Amore -, ma ricordiamoci che le opinioni non portano nulla di oggettivo. La verità invece è un’esperienza estrema, perché può condurre alla morte”.
Chi sono i 28 magistrati scolpiti nella lapide
Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo (moglie di Falcone) Rocco Chinnici, Rosario Angelo Livatino, Vittorio Occorsio, Emilio Alessandrini non hanno bisogno di presentazioni: tutti sono vittime della mafia o del terrorismo. Gli altri sono meno noti al grande pubblico.
Le vittime delle mafie
Pietro Scaglione indagò sulla strage di Ciaculli del 1963 e fu vittima di Cosa Nostra, che lo uccise nel 1971. La sua morte recentemente è stata inquadrata nell’ambito di una strategia della tensione. Scaglione era Procuratore a Palermo all’epoca in cui il giornalista Mauro De Mauro stava lavorando sulla morte di Enrico Mattei. De Mauro, secondo una testimonianza riportata nel programma “Mauro De Mauro un caso mai risolto” di Minoli su Radio 24, aveva un “peso” che confidò al Procuratore Scaglione e si pensa che potesse riguardare in qualche modo l’organizzazione del Golpe Borghese. Negli anni successivi gli investigatori che ebbero a che fare col caso De Mauro furono assassinati: non solo Scaglione, anche Boris Giuliano e il Gen. Dalla Chiesa.
Tornando ai magistrati della lapide, Francesco Ferlaino fu ucciso a fucilate nel 1975 dalla ‘Ndrangheta che lo raggiunse a casa sua: per la sua morte non fu mai trovato il responsabile. Ancora dalle ‘Ndrangheta fu vittima Bruno Caccia, Procuratore di Torino assassinato nel 1983. Più noto è un altro dei magistrati che la lapide ricorda: Cesare Terranova, ucciso dalla mafia il 25 settembre del 1979 su mandato di Luciano Leggio.
Da Salvatore Inzerillo fu invece ordinato l’omicidio di Gaetano Costa, Procuratore Capo di Palermo, ucciso il 6 agosto 1980 mentre passeggiava vicino casa su un marciapiede di via Cavour a Palermo. E poi ancora vittima di Cosa Nostra è Giangiacomo Ciaccio Montalto, Sostituto procuratore di Trapani ucciso nel 1983 a Valderice l’anno dopo che spiccò 40 ordini di cattura contro i mafiosi della provincia di Trapani.
La mafia di Trapani fece un’altra vittima nel 1988: Alberto Giacomelli, magistrato che confiscò la casa del fratello del capo mafia locale. Giacomelli fu il primo magistrato giudicante ucciso dalla mafia. Il 25 settembre 1988 toccò ad un altro magistrato giudicante: Antonino Saetta. Per l’uccisione furono condannati nel 1996 Salvatore Riina, Francesco Madonia e il killer Pietro Ribisi. E si pensa ancora alla mafia (anche se i responsabili non sono stati trovati) per la morte del giudice Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto 1991 mentre era in vacanza in Calabria.
Le vittime del terrorismo
Dalle Brigate Rosse sono stati invece assassinati una serie di magistrati. Uno di loro è Francesco Coco, ucciso nel giugno 1976, all’epoca Procuratore generale della Corte d’Assise di Genova durante il sequestro del magistrato Mario Sossi. Un altro nome sulla lapide apposta a Colleferro è quello di Riccardo Palma, anch’egli ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, mentre era direttore dell’Ufficio VIII della Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena.
Ancora dalle Brigate Rosse è stato ucciso Girolamo Tartaglione che al momento dell’omicidio (nel 1978) era Direttore generale degli Affari penali. Come Tartaglione, anche Nicola Giacumbi fu vittima delle Br: l’assassinio avvenne il 16 marzo 1980 quando era procuratore della Repubblica di Salerno. Due giorni dopo le Br assassinarono Girolamo Minervini, appena diventato Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena del Ministero della Giustizia. Il giorno successivo Prima Linea assassinò a Milano il magistrato e accademico Guido Galli.
Vittima delle Formazioni Comuniste Combattenti è stato invece il magistrato Fedele Calvosa, ucciso l’8 novembre del 1978 mentre era in viaggio tra Patrica e Frosinone, dove era Procuratore. Con lui persero la vita l’agente di scorta Giuseppe Pagliei di Giuliano di Roma e il suo autista Luciano Rossi, originario di Sgurgola. Al terrorismo nero dei Nuclei Armati Combattenti appartiene invece l’assassinio di Mario Amato, sostituto procuratore a Roma, ucciso il 23 giugno del 1980.
All’elenco mancano ancora quattro nomi. Uno è quello di Luigi Daga. Il magistrato fu vittima del terrorismo, anche se di un altro continente. Era in missione a Il Cairo per conto del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria quando fu ferito dai terroristi fondamentalisti. La morte lo raggiunse a Roma il 17 novembre 1993.
Le vittime della criminalità comune
Ci sono poi le vittime della criminalità comune. Antonino Giannola fu ucciso nel gennaio 1969 mentre stava trattando una causa civile da un uomo che era parte del giudizio (qui la sua storia). Agostino Pianta (qui la sua scheda) fu ucciso nel 1965, quando era Procuratore capo di Brescia, da un delinquente che voleva vendicarsi della condanna inflittagli. Infine Fernando Ciampi: il giudice è stato assassinato il 9 aprile 2015 presso il Palazzo di Giustizia di Milano. Per la sua morte è stato condannato nel 2016 un uomo che era imputato in un processo in cui Ciampi era solo testimone. Insieme al giudice furono uccise anche altre due persone.
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