Ci vuole coraggio

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Nelle ultime due settimane ad Artena non si è parlato d’altro che di vicende giudiziarie. I fatti che sono accaduti sono gravi anche se andranno provati in giudizio. Dopo che nessuno scioglimento del Comune è stato disposto, oggi come ieri c’è qualcosa che assume più rilevanza delle vicende giudiziarie. E cioè come il Comune andrà avanti.

Parliamoci chiaro: anche se si naviga a vista, non sembra che ci siano i presupposti per il commissariamento del Comune di Artena, né le minoranze sembrano avere la forza per imporre le loro decisioni. La maggioranza intende tenere il punto, così come è accaduto in molti altri Comuni (o Regioni) in cui amministratori indagati, imputati o condannati hanno continuato a svolgere il loro ufficio. Le opposizioni non ci hanno pensato due volte a chiedere di andare ad elezioni per capitalizzare il momento di crisi della maggioranza, che tra gli elettori non è stata mai tale ma che governa proprio grazie a chi ha perso le elezioni. Anche ad Artena la questione più che giudiziaria è ancora una volta squisitamente politica.

Inchieste a parte, l’interesse pubblico, che coincide con l’interesse del popolo, non è quello astratto di arrivare a scadenza di mandato o quello, anch’esso astratto, di andare il più presto possibile alle elezioni. L’interesse è che le opere programmate siano fatte, gli investimenti siano realizzati, i servizi funzionino, l’emergenza coronavirus sia adeguatamente gestita, i soldi siano impegnati in modo oculato e che gli uffici pubblici operino con imparzialità, efficienza, efficacia, disciplina e onore al servizio della città. Sotto questo profilo, oggi la situazione è più grave di ieri perché chi governa ha una struttura amministrativa sconquassata, colpita profondamente e in lento e inesorabile deperimento.

Chi non è più preoccupato dalla voglia di abbattere l’avversario, di conservare o di capovolgere la situazione, si rende conto che ad Artena lo stato della pubblica amministrazione è da pubblica emergenza. Si rischia il collasso e l’immobilismo e nessun commissariamento porterà una ricetta adatta alla situazione, come non l’ha portato in passato ad Artena né in altri comuni simili. Questo perché vanno fatte scelte coraggiose e di lungo corso di politica del personale, che sono la base di ogni buona amministrazione, che sarebbe meglio fare in modo condiviso. Ecco perché si tratta di uno di quei momenti in cui tutti dovrebbero fare un passo indietro, mettersi a tavolino e decidere insieme come fare il necessario per salvare la “casa di tutti”. Anche perché un domani toccherà ad altri fare gli “amministratori di condominio”.

Prima che la barca su cui siamo affondi del tutto, buon senso vorrebbe che le parti trovino un accordo per evitare il naufragio e per salvaguardare l’operatività della struttura, ricordando che i singoli sono destinati a passare mentre gli enti sono nati per durare ed è interesse pubblico che funzionino. Se poi si tratterà di un accordo-ponte, un patto emergenziale, una tregua o un modo per arrivare subito alle elezioni poco conta. Tanto le elezioni arriveranno comunque prima o poi: siamo al giro di boa generazionale e le prossime saranno vinte da chi avrà più lungimiranza.

E allora che fare? Credo che la politica in questo momento possa fare di meglio che cercare di colmare le proprie debolezze appellandosi a forze esterne o esacerbare una conflittualità che nella città non si è risolta nel luogo in cui naturalmente doveva trovare una sintesi, ovvero le elezioni, a causa della folle legge elettorale fondata sul “divide et impera”. Credo piuttosto che può essere il momento di svolta per riappacificare una comunità da anni in preda alla rabbia. Per farlo la politica deve però avere coraggio e buonsenso, come quelli che testimoniò Togliatti quando prima appoggiò un governo monarchico e poi da ministro firmò l’amnistia.

Tuttavia questo coraggio non lo vedo. Oggi siamo in stallo. L’attuale maggioranza, il cui sindaco è al secondo mandato, sembra su un binario morto, senza avere al momento prospettive se non quelle di resistere. L’opposizione a sua volta sembra voler giocare una partita-lampo per capitalizzare il momento. Sembra mancare la consapevolezza che le nubi continuano ad addensarsi sulla città e che sarebbe opportuno, se non altro, cambiare tegole incrinate o rotte e travi pericolanti prima che piova. Sembra che non ci sia coscienza che tutto quel che accade colpisca tutti, indistintamente. Se non si ha il coraggio o il buonsenso di ridefinire la politica degli steccati in questa situazione eccezionale, spero almeno che ci si faccia guidare da quello che Hans Jonas chiamava il “dovere della paura”.

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