Ci stiamo togliendo dalle scatole questo pessimo 2020 e speriamo che il nuovo anno sia migliore. Davvero ci vorrebbe poco. L’anno appena passato è stato il peggiore degli ultimi quarant’anni. Mai tante cose negative erano successe tutte insieme. Il covid, che in Italia ha portato al più alto numero di morti rispetto alla popolazione malgrado le restrizioni di dubbia costituzionalità, la crisi economica, la scomparsa di Gigi Proietti, di Giulio Giorello e di Philippe Daverio, il delitto Monteiro che ha scosso le nostre parti… Anche il sangue di San Gennaro non si è liquefatto quest’anno.
Forse stiamo pagando il conto di vent’anni di logorante decadenza? Forse sì. Anche la politica è ormai meno che interessante. Forse perché di politico c’è ben poco. Dal nazionale al locale ormai la politica si fa cercando like, facendosi selfie e cercando i colpi di scena per avere i propri 15 minuti di celebrità. I politici senza scuola politica si sono reinventati blogger, giornalisti, informatori, fotografi e poeti. Ma dietro le frasi vuote dei post acchiappa like, le fotografie in forma smagliante o ritoccate, o dietro le dichiarazioni roboanti, dov’è la sostanza? Cosa ci hanno lasciato i nostri rappresentanti in questi anni?
Ormai ci sono pochi amministratori veri, che portano avanti le istanze delle forze produttive, che soddisfano i bisogni profondi della popolazione, che strutturano il consenso, che controllano il territorio, che sanno soddisfare gli interessi privati nel quadro dell’interesse pubblico, che sanno muovere le leve sociali e del diritto per realizzare gli obiettivi politici della loro base, che non seguono le mode ma disegnano il futuro anche con scelte che non ottengono like. Eppure ce ne vorrebbero di più. Speriamo che il 2021 ce ne porti qualcuno, altrimenti saremo condannati ad ascoltare le poesie delle sirene e dei poeti. Bella cosa la poesia: interpreta lo spirito del tempo. Ma i poeti stanno bene nei teatri, nelle scuole e nei salotti, non nei Comuni o al governo.
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