Segui La Nuova Tribuna su Telegram (clicca qui e iscriviti al canale) o su WhatsApp (clicca qui e registrati)
A Colleferro, Paliano e Artena manifestazioni genuine per avere giustizia ma dalla “prima ora” c’è chi cerca di piegare i fatti con fake news e falsi profili per dare un’immagine di un delitto razzista e politicizzato
Ieri sera Colleferro è stata un fiume di gente in maglietta bianca scesa in strada per chiedere giustizia per Willy Monteiro Duarte. Migliaia di persone si sono radunate, tutte con lo stesso intento. C’erano gli amici, i ragazzi e le ragazze, persone di destra e di sinistra e persone che con le categorie politiche non hanno niente a che fare. Una manifestazione genuina di un territorio che chiede che sia fatta giustizia. E giustizia si sta facendo, pur con i tempi della giustizia.
Ciò che sul territorio è genuino, non sempre lo è altrove. Manifestazioni stanno nascendo un po’ ovunque, anche perché dalla “prima ora” il delitto Monteiro ha avuto tutta l’attenzione dei media. E nel mare magno dei social e della comunicazione c’è chi sta cercando di strumentalizzare. E non si tratta della campagna elettorale di Colleferro.
Per capire il senso delle strumentalizzazioni bisogna però partire dalla vittima. Willy era un ragazzo italiano, aveva la pelle nera ma a questo nessuno ha mai badato, nemmeno chi lo ha ucciso. Guardate le sue foto, scorrete il suo profilo facebook: non c’è traccia di separazione tra bianchi e neri, di isolamento o di razzismo. I suoi amici erano (sono) bianchi e neri. Lui era amico di neri e bianchi. Semplicemente perché categorie del genere non sono rilevanti in un territorio come questo, in cui conta di più il rispetto, l’amicizia, il lavoro.
I profili fake e le provocazioni
L’aggravante dell’omicidio razziale non c’è mai stata. Eppure si è cercato di introdurlo nel discorso mediatico fin da subito. Era il 7 settembre ed esce un articolo su Repubblica di Federica Angeli. Il titolo: “Willy, 20 minuti di botte. E i familiari dei killer: “Era solo un immigrato”. Ma una dichiarazione del genere non risulta a nessun altro. Risulta che gli stessi testimoni affermano due cose: 1- i picchiatori sono scesi dalla macchina e hanno iniziato a picchiare chiunque; 2- il pestaggio è durato circa 2 minuti.
Non passa molto e i media iniziano a tenere sotto controllo i profili Fb. Ce n’è uno che fa esplodere la bomba: quello di Manlio Germano. Accade cioè che un profilo Facebook, con riferimenti politici a destra, condivide la foto degli arrestati aggiungendo un commento razzista. Apriti cielo: in poco tempo arrivano 1400 commenti. Il post viene ripreso da tutti i media. Le testate giornalistiche di Latina fanno però presente che c’è un’alta probabilità che il profilo sia falso. Il nome è infatti quello di un personaggio di un film. Non è l’unica provocazione da profili fake che si sono aggiunti nei gruppi e nel dibattito sui social ma è di certo la più riuscita. Tutti ignorano però che gli arrestati hanno collegamenti familiari che rendono difficile la giustificazione puramente razzista del delitto. E alla fine anche quanto spiegato dal comune di Artena sulla capacità di accoglienza di queste comunità si è perso tra le onde della rete.
I Vip e l’accusa di fascismo
Con il “successo” mediatico dell’operazione Manlio Germano si inizia a parlare di razzismo e fascismo a livello nazionale. A rilanciare il discorso fondato su una fake news sono influencer e politici. Chiara Ferragni parte all’attacco e dice che “il problema non sono le palestre ma è la cultura fascista”. L’influencer è ripresa da Repubblica, anche se alcuni (come il direttore de Il Tempo) fanno notare che i tatuaggi degli arrestati sono più vicini a quelli di Fedez che a quelli di un fascista. E infatti Fedez chiede scusa. Interviene anche Zingaretti dando ragione a Ferragni e rilanciando la tesi del fascismo. Fanpage, dando spazio a un articolo di Alessandro Coltrè, che per chi lo conosce è palesemente lontano anni luce da ambienti di destra e razzisti, spiega che “non si può parlare di omicidio fascista”, né di una questione xenofoba. Ma ormai il treno è partito.
Le manifestazioni di questi giorni e i cartelli BLM e contro i “fascisti”
Ormai la campagna di distorsione e disinformazione è partita come con una valanga che prosegue la sua corsa rovinosa finché non arriva a valle. Dopo l’inizio delle fiaccolate la “vicenda Willy” perde ogni collegamento con la realtà territoriale. Nessuno riconosce più la presenza di una comunità integrata, si perde di vista che il territorio vuole giustizia per l’uccisione di un innocente e si inizia a parlare di BLM. Cioè: Black Lives Matter.
Si inizia a parlare di “razzismo strutturale” già dall’11 settembre su infoaut. Il 12 settembre la questione viene rilanciata da Repubblica con la storia di Adiaratou Guiebre. A Bologna il movimento Black Lives Matter scende in piazza per manifestare, affermando che il delitto “è l’ennesima prova che in questo paese di razzismo e fascismo si muore ancora”. Ieri arriva un messaggio dagli Stati Uniti dal movimento BLM rilanciato dalla Dire.it.
A Torino si manifesta per Willy e compare il cartello “White silence = violence” (Il silenzio bianco è uguale alla violenza) accanto a “Black Lives Matter” e “Razzisti e fascisti fuori dalle nostre vite”. Iniziano anche i comunicati stampa, uno dei quali pubblicato nel folto gruppo FB che riunisce chi chiede giustizia per Willy Monteiro Duarte. Arriva da BLM Alessandria: ed è in quel momento che la realtà mediatica torna a scontrarsi con il territorio, facendo un bagno di verità.
Il ritorno della realtà mediatica sul territorio e la differenza con la realtà territoriale
Scrive la “nota” del BLM Alessandria: “Willy non è stato vittima di nessuna “bravata”, ma di un chiaro omicidio commesso da persone razziste e violente. Il razzismo è una malattia che deve essere debellata. Negli Usa, in Italia e in tutto il mondo“. Il post è sommerso dalle critiche di chi ha vissuto più da vicino la vicenda. C’è chi ricorda che “sta cosa non ha senso” e che “non è stato un omicidio basato sul razzismo”. C’è chi parla di “strumentalizzazione vergognosa” e chi esclama: “Ben vengano le manifestazioni contro il razzismo ma non a nome di willy! Credo sia più sensato!”.
Le contestazioni vanno avanti finché non interviene un moderatore che esprime la situazione con la seguente formula: “Razzismo= discriminazione = idea che la vita degli altri valga meno di 0“, aggiungendo che “Willy non è morto perché nero (pure se ho dubbi su questo) ma è Morto perché chi ha colpito ha discriminato il valore della sua vita. E non è razzismo questo?”. Ieri a Colleferro si è tornati a manifestare. Oggi ad Artena si organizzerà la fiaccolata del prossimo 23 settembre. Il territorio chiede giustizia per la morte di una persona innocente, indipendentemente dal colore della pelle e senza secondi fini. Il mondo usa quell’omicidio per la campagna mediatica del momento.
Metti "Mi piace" per rimanere aggiornato