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A Segni la cooperativa “Marrone Segnino” per la prima volta nella storia non apre ai conferimenti. A Montelanico produzione azzerata. Artena si difende
Un anno così non era mai capitato per i marroni dei Monti Lepini e di quelli di Segni in particolare. Addirittura quest’anno la cooperativa “Marrone Segnino” non ha nemmeno aperto ai conferimenti. A scriverlo è anche il Messaggero, con un articolo uscito oggi sull’edizione “Metropoli”. E il guaio è che mentre in passato si dava sempre la colpa al cinipide, stavolta non si sa bene che pesci prendere. Sul banco degli imputati ci sono i cambiamenti climatici mentre per altri si tratterebbe ancora una volta degli effetti prolungati della vespa cinese.
Le cause della bassissima produzione di marroni secondo i produttori di Segni e Montelanico
“Secondo me il problema principale è il clima che sta cambiando” dice Giuseppe Lorenzi, presidente della coop. “Marrone Segnino”. Per Ferrucco Romano Schiavella, anche lui segnino, la causa del declino va invece trovata nella siccità e nella bassa produzione di ricci. “Con pochi ricci prodotti, gli attacchi di cydia spendana, il verme delle castagne, sono più intensi” afferma Schiavella. Ma dare la colpa alla sola siccità non mette tutti d’accordo perché, secondo alcuni agronomi, il castagno sopporta bene la mancanza di acqua.
“Credo che il male vada ricercato in un insieme di fattori che vanno dagli effetti prolungati del cinipide, che ha indebolito gli alberi, alle poche piogge” afferma Fabrizio Di Paola, commissario della diciottesima Comunità Montana di cui fanno parte i comuni di Artena, Segni, Montelanico, Gorga e Carpineto Romano. Ora alle famiglie non rimane che sperare nel prossimo anno. Intanto Di Paola sta organizzando per la settimana prossima un incontro con la Direzione Agricoltura della Regione. In quell’occasione porterà con sé i produttori, per capire che cosa si potrà fare.
La situazione a Segni e Montelanico: “Fino all’80% dei marroni è bacato: raccoglierli non vale la pena”
Intanto l’anno in corso, a differenza di quello passato, è terribile, con una raccolta ormai compromessa, con poca produzione e tanti frutti danneggiati. “Se l’anno scorso c’erano pochi marroni, in questa stagione non sarebbe proprio convenuto avviare l’attività – afferma Giuseppe Lorenzi – perché in alcuni boschi la raccolta è azzerata e in altri è al minimo, con una percentuale di frutti danneggiati che arriva al 65%”.
Secondo Alessandra Pucello, titolare dell’agriturismo “Il Casale del Marrone” di Segni, “fino all’80% dei marroni è bacato e raccoglierli non vale nemmeno la pena”. Ancora a Segni, l’imprenditrice agricola Francesca Fagiolo afferma che “si salva solo la metà dei marroni”. A Montelanico addirittura la raccolta è praticamente azzerata: dove si raccoglievano 25 quintali quest’anno si raccoglie un solo quintale di castagne.
“Pure nella Valle dell’Aniene l’annata è pessima” rivela Ferruccio Romano Schiavella, che ha trenta ettari di castagni alle pendici dei Monti Prenestini. “A Gerano – dice – la metà dei frutti è da buttare e non si fa nemmeno in tempo a raccogliere perché i cinghiali mangiano tutto”. Le cose vanno un po’ meglio a Carpineto Romano, dove la raccolta pare leggermente migliore dell’anno scorso.
Artena si difende
Ad Artena non ci sono i veri e propri marroni. Più che altro si producono castagne ma c’è chi ha qualche marroneto. La produzione di Artena, anche se bassa, pare aver tenuto. Ma non regge comunque il confronto rispetto alle quantità che ogni anno si fanno (o meglio, si facevano) a Segni, Montelanico e dintorni.
Il pericolo della concorrenza estera
La vicenda ha anche un risvolto commerciale. La paura è che, con una produzione così bassa, i grossisti che utilizzano i marroni dei Monti Lepini per le produzioni dolciarie si rivolgano stabilmente all’esterno. Già quest’anno il marrone segnino sta soffrendo la concorrenza di Marocco, Portogallo e, presto, del Cile. L’anno prossimo andrà meglio?