“Saltai dal camion e scappai”. Il racconto di Pietro nel giorno del ricordo di Alice Abbà

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Lariano ha intitolato i giardini di piazza Martiri della Libertà alla tredicenne Alice Abbà, vittima delle violenze titine in Istria

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I rastrellamenti nazisti e le violenze titine in Istria sono ancora oggi vive anche a Lariano. Nella cittadina ci sono diversi esuli istriani sfuggiti ai rastrellamenti nazisti e alle ritorsioni slave. Ecco perché ieri mattina il Comune di Lariano ha intitolato i giardini di piazzale Martiri della Libertà a Alice Abbà. L’intitolazione, decisa da tutto il Consiglio comunale, è avvenuta alla presenza dei membri dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, degli amministratori comunali e di due classi della scuola di Colle Fiorentino (vedi qui il video).

Chi fu Alice Abbà

Il nome di Alice Abbà non è collegato a Lariano ma rappresenta una storia dimenticata. A sceglierlo per l’intitolazione è stata l’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, contattata dal Comune. Alice fu una tredicenne di Rovigno d’Istria che subì le ritorsioni slave nel 1945. Era di famiglia antifascista ma alle truppe titine questo non interessò.

Alice sparì insieme ad altre decine e decine di bambini, come tanti altri italiani e sloveni fatti precipitare nelle foibe. Della famiglia di Alice Abbà si sono salvati tre cugini. Vivono attualmente a Sassari. Sono anziani e, per questo, non hanno partecipato alla cerimonia di ieri mattina, pur mandando un messaggio di apprezzamento letto da Enzo Toto. All’intitolazione non sono mancati comunque gli esuli, tra cui Dionisia Pellizer e Giancarlo De Angelini.

Il ricordo di Pietro Tenchini: “Nel 1943 saltai giù dal camion dei nazisti e scappai”

Istriano, come Alice Abbà, è Pietro Tenchini, ieri presente a Lariano. Lui scappò nel 1943, prima che le violenze titine si abbattessero sugli italiani. In quel territorio di confine la lotta con la vicina Jugoslavia era in svolgimento. Il papà di Pietro, che faceva la Guardia Forestale a Canfanaro, fu destituito dalle truppe di Tito impegnate contro italiani e tedeschi.

Pietro aveva 12 anni. “Un giorno [gli slavi ndr] – racconta il lucidissimo novantenne – fecero saltare la ferrovia perché c’era un treno che portava i prigionieri in Germania. Liberarono i prigionieri e presero cinque o sei tedeschi, li portarono in una trattoria e la mattina dopo li portarono alle foibe. Li legarono con un filo spinato due a due e li gettarono dentro, così mi dissero”.

“Un paio di giorni dopo – ha proseguito Pietro – arrivarono i tedeschi, rastrellando e facendo disastri. Trovarono nella cantina del parroco dei partigiani armati e per questo impiccarono il parroco in piazza. Rastrellarono un po’ tutti e ci portarono via con i camion. Ricordo che lungo la strada ad ogni pianta c’era un impiccato con un fazzolettino rosso attaccato. Ci portarono nel campo di concentramneto di Pola e dopo un po’ ci hanno portato in un altro campo”.

“Lungo la strada, in un bosco, durante un conflitto a fuoco saltai saltato giù dal camion insieme ad altri. Quando i camion ripartirono – prosegue Pietro –, ero rimasto solo a Pola, senza la famiglia. Sapevo che dovevo arrivare a Roma e salì su un barcone che da Pola andava a Venezia. Da Venezia presi un treno fino a Roma e quando arrivai vidi delle persone che stavano mangiando con delle pagnotte grosse, che non avevo mai visto. Mi diedero una fetta di pane con dell’uva bianca”.

“Poi presi un treno per Bracciano – continua Tenchini – e una volta arrivato domandai di mia nonna. Un signore che la conosceva mi ci portò in bicicletta ma lei non mi volle. Così tornai a Bracciano fui accolto dalla sorella di mia madre da cui restai finché non arrivò mio padre e gli altri miei famigliari”. La vita della famiglia ricominciò dopo qualche tempo, quando il papà di Pietro, da statale, riottenne il suo posto da Guardia Forestale. Altri esuli furono più sfortunati e trovarono molte difficoltà nel trovare lavoro.

“Nelle foibe non finirono solo i fascisti”

“Le foibe furono un fatto tragicissimo della storia” ha affermato Donatella Schürzel, vice presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, fondata nel 1947. “La sconfitta dell’Italia – ha affermato la Schürzel – fu pagata attraverso la perdita della Venezia Giulia da cui si dovettero trasferire tutti coloro che non erano finiti nelle foibe. Nessuno poté portare via nulla”.

Il fenomeno delle foibe – ha proseguito – fu legato a quel regime del terrore che fu instaurato dalle truppe di Tito all’indomani della ritirata dei nazisti e dello sbando degli italiani dopo l’8 settembre. La prima ondata delle foibe fu micidiale: durò un tempo breve ma ebbe esiti disastrosi. In quelle cavità carsiche, o nel mare della Dalmazia, non finirono solo fascisti ma, per esempio, rappresentanti dello Stato Italiano”.

Tutte le vicende dello scontro determinato dalla scia dei nazionalismi giunti in Europa dalla fine dell’Ottocento – ha detto la rappresentante dell’associazione – ha avuto la sua vicenda eclatante con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Certamente il fascismo ha avuto delle gravissime colpe e il fascismo di frontiera ha creato grandissimi problemi con quell’area che non aveva alcun motivo di essere inglobata nei confini italiani”.

“La storia di Alice Abbà fa parte di una vicenda che non è mai stata presente sui libri di storia se non in modo lacunoso. Una vicenda che ha avuto dell’inverosimile con trattamenti nefandi anche per i bambini. Alice ha avuto la sorte di essere semplicemente figlia di un vigile urbano. Intitolando un parco ad Alice – ha concluso Donatella Schürzel – Lariano le ha dato il riconoscimento della dignità e della sepoltura che non ha avuto allora”.

Gabrielli: “Intitolazione colma un vuoto”

“Con questa intitolazione – ha affermato l’assessore alla Cultura Maria Grazia Gabrielli – abbiamo voluto colmare un vuoto di una vicenda che non troviamo sui libri di scuola. Alice era una bambina bella e buona, era un membro di una famiglia antifascita – ha detto la Gabrielli – ed è stata gettata nelle foibe come la mamma e il papà”.

“Il futuro va costruito – ha aggiunto il sindaco Maurizio Caliciotti – facendo memoria di un passato che ha fatto obbrobri e martìri. Spero che anche i bambini che si troveranno a giocare in questo giardino si chiederanno chi fu Alice e tramite la sua storia possano capire il valore della libertà e del rispetto”.

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