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Continua il protagonismo delle Regioni a mezzo di ordinanze. Dopo Fontana in contrasto col Governo e De Luca che prospetta di chiudere “i nostri confini”, nel Lazio Zingaretti firma un’ordinanza che riguarda anziani, medici e operatori sanitari che si applicherà da settembre e potrebbe far discutere
La Repubblica Italiana sembra in balia di una grande centrifuga in cui ogni Presidente di Regione inizia a dettare la linea a suon di ordinanze. Fino a ieri teneva banco lo scontro tra Regioni del nord e Governo. Oggi ci sono ulteriori iniziative di due Regioni del centro-sud che sembrano voler fare a modo loro.
Se De Luca, Presidente della Campania, dichiara che potrebbe “chiudere i nostri confini” qualora in Lombardia finisse il lock-down, nel Lazio Zingaretti ha firmato l’ennesima ordinanza presidenziale. Questa volta si tratta della futura obbligatorietà del vaccino anti-influenzale per ultra 65enni, medici, operatori sanitari e sociosanitari.
L’ordinanza di Zingaretti
L’ordinanza del Presidente della Regione Lazio si appiglia all’art. 32 comma 3 della legge 833 del 1978 che disciplina le ordinanze contingibili ed urgenti in materia di igiene e sanità pubblica. L’atto del presidente ha la finalità di ridurre l’impatto dell’influenza stagionale al fine di diagnosticare meglio il coronavirus sars-cov-2, tuttavia si applica da metà del mese di settembre e, per altri aspetti, dal 1° febbraio 2021.
Ciò detto, l’ordinanza afferma “l’obbligo di vaccinazione antinfluenzale” (così dice l’ordinanza pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione) per i soggetti con età superiore o uguale a 65 anni e per medici, personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario (senza dire nulla sull’età, quindi si presume tutti). L’obbligo scatta dal 15 settembre prossimo e va adempiuto entro il 31 gennaio 2021. Inoltre “vi è una forte raccomandazione per effettuare il vaccino antinfluenzale per tutti i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni attraverso il coinvolgimento dei pediatri di libera scelta”.
Le sanzioni e i divieti di fatto: dai centri anziani alla valutazione dell’idoneità del lavoratore
Cosa succede se non ci si vaccinerà? Conseguentemente all’obbligo di vaccinarsi, la Regione fissa delle limitazioni per chi non sarà vaccinato, a meno che non ci siano ragioni mediche che giustificano la mancata vaccinazione. Per gli anziani la mancata vaccinazione “può comportare, a titolo di sanzione, l’impossibilità di prendere parte ad assembramenti presso centri sociali per anziani, case di riposo o altri luoghi di aggregazione che non consentono di garantire il distanziamento sociale”.
Per tutti gli altri lavoratori, sempre che non ci siano ragioni di tipo medico, la mancata vaccinazione “comporta l’inidoneità temporanea a far data dal 1° febbraio 2021 allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell’art. 41, comma 6 del D.Lgs 81/2008, nell’ambito della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente di cui all’art. 279 e correlata alla rivalutazione del rischio biologico a cura del datore di lavoro”.
Quindi, riassumiamo. Per gli anziani non vaccinati potrebbe non essere possibile frequentare centri anziani, case di riposo e altri luoghi di aggregazione. Per i lavoratori della sanità si interviene d’imperio sulle valutazioni del medico del lavoro, stabilendo che la mancata vaccinazione è “inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione lavorativa”.
Perché l’ordinanza potrebbe far discutere
Non serve segnalare che l’ordinanza del Presidente della Regione (le cui sanzioni si applicheranno tra nove mesi) tocca alcuni punti sensibili: il diritto costituzionalmente garantito dei cittadini di riunirsi liberamente (art. 17 Cost.), il diritto al lavoro e il divieto di obbligare qualcuno “a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (art. 32 Cost.).
A ciò si potrebbe forse sommare il dovere di trattare persone della stessa classe (medici e operatori sanitari) allo stesso modo su tutto territorio nazionale (art. 3 Cost.) anche nel definire le cause di inidoneità lavorativa temporanea. Infine potrebbe rilevare che il provvedimento interviene, quanto al lavoro, su una competenza concorrente tra Stato e Regioni. Tuttavia si tratta di questioni su cui non si può esprimere la Corte Costituzionale, quando invece il Tar in caso di ricorso.
Già sull’obbligo vaccinale per accedere alle scuole ci fu una forte polemica e un ricorso alla Corte Costituzionale. E fu introdotto con un Decreto-Legge. Successivamente una legge regionale che articolava quel Decreto-Legge in Molise fu cassata dalla Corte Costituzionale (sentenza 118-2019). Ora quest’ordinanza potrebbe innescare le stesse dinamiche, se non altro sulla competenza di una Regione a comprimere, con ordinanza, i diritti costituzionalmente garantiti. Specialmente se si pensa che gli obblighi in questione scatteranno tra più di tre mesi, anche oltre il termine dello “stato di emergenza” deliberato dal Consiglio dei Ministri.