Colleferro tra politica, elezioni e il pacco di Amazon

Mandalo ai tuoi amici


Segui La Nuova Tribuna su Telegram (clicca qui e iscriviti al canale) o su WhatsApp (clicca qui e registrati)


 

Quest’anno a Colleferro ci sono le elezioni. Si vota nella città nata nel 1935 attorno una fabbrica di armi. Ho parenti che hanno più anni di Colleferro, e quando parlano di questa città raccontano dei tragitti a piedi per raggiungere quotidianamente la BPD o il cementificio. “E poi, e poi m’hanno preso a lavorà a Colleferro!” “Quando hanno messo a lavorà mi marito a Colleferro ho pregato Gesù Cristo tutta la notte”. “E chi l’aveva mai visti i soldi ogni mese, e poi a dicembre la fiera di Santa Barbara coi soldi in tasca a spende quelle lire in più”. Chi vive ad Artena, Segni, Gavignano o Valmontone avrà sentito sicuramente, almeno una volta, queste frasi. Racconti molto simili, custoditi da generazioni di contadini della zona che nelle fabbriche di Colleferro hanno trovato salvezza dalla miseria.

Prima la fabbrica, poi la città. Prima la Bombrini Parodi Delfino, poi Colleferro. Prima gli armamenti, poi le case: nascevano i quartieri per gli operai, quelli per gli ingegneri. Oltre a essere temporale, quest’ordine di successione ha rappresentato sostanzialmente la comunità, che in quella polvere da sparo, in quel cemento e in quel primo sapone in polvere prodotto nelle fabbriche trovava orgoglio, in alcuni casi riscatto, miglioramento sociale e progresso. Si vota a Colleferro, l’unica città italiana dove puoi trovare via degli esplosivi, e dove le fabbriche ti uccidono i sogni, come cantano i Plakkaggio Hc, gruppo della città. I sogni ammazzati dalla silicosi e da tante patologie; progetti di vita spazzati via dall’eredità tossica elargita dall’industria chimica.

Coinvolgimento

Si vota nella città che nel marzo del 1950, come racconta il libro di Sandro Magnosi, ha vissuto l’occupazione della fabbrica che le ha dato origine. Colleferro città del conflitto, delle lotte operaie, dei morti dello scoppio del ’38, e di storie di uomini e donne che hanno messo in discussione i sistemi di produzione, il potere e i padroni. È stato tutto messo in discussione perché lavoratori e lavoratrici conoscevano i loro reparti, hanno studiato ogni aspetto, dall’organizzazione, passando per la sicurezza, fino alle questioni salariali e alle condizioni igieniche. Basti pensare al libro bianco sull’indagine negli ambienti di lavoro alla SNIA BDP, a cura del consiglio di fabbrica della SNIA, del sindacato FULC (Federazione Unitaria Lavoratori Chimici) e del Consiglio Nazionale delle ricerche.

L’introduzione di questo documento, datato 1977, spiega chiaramente gli obiettivi e i metodi di questa indagine: “scopo di questo lavoro è di socializzare e di utilizzare come strumento operativo i primi risultati emersi dalle assemblee tenute con i lavoratori di tutti i reparti dell’azienda sul tema della salute e dei fattori di nocività presenti nell’ambiente di lavoro. In particolare sarà di fondamentale importanza che i lavoratori stessi si approprino della visione d’insieme delle condizioni generali della fabbrica. A Colleferro – continua l’introduzione dei quaderni Fulc – forse per la prima volta nella Provincia di Roma operai studenti e tecnici stanno lavorando insieme, rompendo quindi la separazione che si è voluta costruire tra Università e fabbrica.

Lottare per trasformare questa didattica e questa ricerca, nemiche sia degli studenti che delle classi popolari, vuol dire innanzitutto far entrare nelle università i problemi che si vivono nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nei quartieri; dove come a Colleferro, la nocività e l’inquinamento compromettono la salute della gente“. Oltre ai curatori del libro bianco, alle riunioni per discutere di questa ricerca partecipavano collettivi universitari, ricercatori dell’Istituto superiore di Sanità e medici del lavoro.  Un’opera di coinvolgimento, un esempio di politica, perché la politica è anche, e soprattutto, coinvolgere persone.

La sinistra e la politica

Certo, la politica è anche fare cose concrete: opere pubbliche, risolvere situazioni e governare. E a Colleferro da oggi fino a maggio si inizierà a dire: Come ha governato Sanna? Non interroghiamoci ora su questa domanda, teniamo lontane per un attimo alcune faccende amministrative, per agganciare una discussione politica sulla giunta Sanna.  In questi cinque anni la coalizione che riunisce il centro sinistra – Il Sindaco non è del partito democratico – ha aperto la città a molte realtà cittadine che durante venti anni della più becera destra vivevano con difficoltà Colleferro. Questi gruppi di persone – una parte non maggioritaria ma importante della comunità – dopo essere stati disarcionati per anni dalla vita pubblica del paese hanno trovato ascolto nella squadra di Pierluigi Sanna.

Non mi riferisco a un incontro di quartiere sulla prossima festa per il santo patrono o un’assemblea sulle erbacce nelle are verdi o sulle buche, parlo di spazi di democrazia e di crescita collettiva. Per molti aspetti Colleferro oggi non è più attraversata soltanto dal nastro trasportatore che collega la cava al cementificio, ma vive un’attivazione in cui i cittadini organizzano scambi di saperi, letture collettive e dibattiti politici. Togliere vigore e legittimità ad alcuni gruppi imprenditoriali, come Mandova per esempio, ha contribuito a potenziare e finanziare spazi e occasioni culturali: i resti dell’elefante antico non sono più in uno scatolone, ma rivivono in un museo archeologico che organizza molte iniziative.

Dopo anni di abbandono voluto e costruito a tavolino per favorire il profitto di pochi, il Comune di Colleferro ha riaperto o ristrutturato una serie di spazi comunali dove poter costruire e fare comunità. Sulle questioni ambientali il linguaggio di Sanna è stato radicale, come lo sono state le azioni e la visione che portato alla chiusura della discarica e degli inceneritori. I movimenti ecologisti hanno favorito e alimentato il dibattito pubblico, non solo sul ciclo dei rifiuti, ma su tanti temi: migrazioni, cambiamento climatico, riconversione ecologica, economia circolare, geografia dei siti contaminati e altro.

Il centro sinistra, in questo caso intendo soprattutto le forze di partito e quindi il PD, è stato in molti casi evanescente, a volte proprio assente e spesso poco disponibile al confronto con le istanze dei movimenti. Un esempio: nel documento condiviso del coordinamento territoriale del PD Monti Prenestini – Lepini del 2016 c’era scritto che per quanto riguarda gli inceneritori di Colleferro, ancora necessari, devono esser ripensati tecnologicamente, la soluzione potrebbe essere quella di indire una gara pubblica per la gestione degli impianti ad un partner industriale che sia in grado di sobbarcarsi anche dei costi dell’ammodernamento degli inceneritori.

Banchi e sedie in piazza, amplificazione accesa: una situazione che Pierluigi Sanna vive e alimenta nella sua città, portando spesso il suo intervento e contributo alle discussioni. È facile dunque individuare un argomento in cui non c’è stato confronto pubblico e politico: l’arrivo della logistica a Colleferro, il più grande polo logistico d’Italia.

Il pacco di Amazon

Da diversi mesi, a pochi passi dal parco della Selva di Paliano e della discarica di Colleferro, decine di macchine movimento terra sono al lavoro per costruire i capannoni che ospiteranno Amazon. Da ieri sono online le candidature per le posizioni aperte. I mesi che hanno preceduto questo annuncio non sono stati segnati da un dibattito pubblico su tutta l’operazione. Per non parlare della difficoltà di prendere i documenti al riguardo, provata da un gruppo di attivisti che ha fatto l’accesso agli atti prima dell’inizio dei cantieri e ancora non ha i documenti in mano. In questo caso, da parte del Comune di Colleferro il linguaggio è stato totalmente promozionale e spostato soltanto verso la faccia sorridente dei pacchi di Jeff Bezos.

In un post del 30 aprile, il Sindaco Sanna commenta così la visita della sua maggioranza al centro di Amazon a Passo Corese: “L’auspicio è quello che il nuovo centro logistico possa ospitare sul nostro territorio un’azienda di tale portata e che l’innovazione tecnologica, anche nel campo della logistica, possa essere il segno distintivo del nostro territorio”. La politica è anche linguaggio, e il linguaggio non è mai neutro perché mette insieme i nostri pensieri, dando così voce alle nostre visioni, costruendo poi le nostre azioni e il nostro modo di interpretare quello che abbiamo intorno.

Spiace che il Sindaco non si sia reso conto di aver permesso a questa grande multinazionale di espropriare ogni possibilità di dibattito. Sarebbe stata un’occasione per fare crescere il livello di partecipazione, di conoscenza e di informazione attorno ai colossi del digitale e su come affrontare le trasformazioni in corso. Non si può annunciare l’arrivo di Amazon con un post, parlando di innovazione tecnologica senza parlare con la cittadinanza dell’origine del business di questa piattaforma, delle condizioni di lavoro, del così detto internet delle cose e sull’utilizzo dei nostri dati da parte dei colossi come Amazon, Facebook e Google. Tutte discussioni che avrebbero potuto diventare concrete, più di quanto si possa pensare.

Su un’operazione che ha come protagonista Amazon, un’amministrazione di sinistra non dovrebbe evitare il coinvolgimento delle forze sociali e della cittadinanza, piuttosto dovrebbe spiegare alla comunità, con riguardo a chi è più fragile, tutti gli aspetti e le facce della multinazionale più ricca e più forte del mondo. Ci sono inchieste sulla distruzione di merci, come quella andata in onda su Presa diretta su Rai 3 in cui si parla dei prodotti invenduti che vengono smaltiti come rifiuti. Si può parlare della difficoltà per i sindacati di organizzare i lavoratori. Consiglio su questo punto la lettura dell’intervista a Cinzia Cacciatore della Nidil Cgil, che spiega il funzionamento dello stabilimento a Passo Corese e racconta i problemi dei ritmi e dell’organizzazione del lavoro. Si potrebbe parlare e leggere anche il libro dell’economista Marta Fana “Non è lavoro, è sfruttamento. Quanti libri, trattati, discussioni in corso su questi argomenti, invece niente.

A Colleferro è arrivato un unico libro, presentato qualche mese prima l’avvio dei cantieri: “Ho scelto l’Italia. Contro-appunti di un imprenditore europeo” di Enric Veron, il numero uno della Vailog, l’azienda che sta costruendo i capannoni al colosso americano. Insieme al suo libro è arrivato il pacco di Amazon. Forse prima delle elezioni qualche contrappeso; qualche storia e idee differenti dovrebbero circolare per la città. Anche perché ora molti faranno domanda per lavorare in quel capannone, nella case si continuerà a dire “m’hanno preso a Colleferro”, ma non c’è coinvolgimento, poca consapevolezza, nessun libro bianco in cui studiare il proprio reparto, solo un venerdì nero dove consegnare molto veloce.

WhatsApp Contatta La Tribuna