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L’allegato al DPCM si intitola “principi per il monitoraggio del rischio sanitario” e spiega quali sono i passaggi necessari, secondo il Governo, per il “ripristino” e la “preparazione” al ritorno alla normalità. Un lungo percorso a tappe applicabile a tutti i livelli territoriali
L’altro giorno chi pensava che l’inizio della Fase 2 sarebbe coinciso con il ritorno alla normalità è rimasto deluso e frustrato. In molti hanno pensato che questa non fosse la “Fase 2” ma una “Fase 1,5”. E in effetti è così perché chi ha avuto modo di leggere integralmente l’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che si applica dal 4 maggio prossimo, ha potuto leggere anche l’ultimo degli allegati, il 10.
Le ultime pagine degli allegati al DPCM riguardano infatti i “principi per il monitoraggio del rischio sanitario”. Si tratta di un documento che spiega a che condizioni, secondo il Governo, si può passare dal lockdown alle fasi successive. I principi sembra possa essere generalmente applicati: sia all’Italia intera sia alle Regioni o a porzioni di essere che possano essere più gravemente colpite. E dice prima di tutto che la “Fase 2” non è unitaria ma divisa in “Fase 2 A” e “Fase 2 B”. Ogni passaggio da una fase a un’altra è caratterizzato da una serie di indicatori da verificare.
Dal lockdown alla Fase 2 A
Il passaggio dal lockdown alla Fase 2 A è il più complesso in termini di indicatori perché prevede degli standard minimi di qualità della sorveglianza epidemiologica. Tali indicatori riguardano in sostanza il grado di precisione dei nati notificati in ordine alla data di inizio sintomi, alla data di ricovero, alla data di trasferimento o ricovero in terapia intensiva e al luogo in cui sono domiciliati. In sostanza la qualità degli standard di sorveglianza (vedi lo schema sotto) riguarda la capacità di recepire e organizzare puntualmente le informazioni da parte del sistema sanitario.
Se è rispettato lo standard si passa poi a valutare la stabilità della trasmissione del virus nel territorio preso in analisi. Per uscire dal lockdown serve allora che (schema sotto): negli ultimi 14 giorni il trend dei casi riportati alla protezione civile sia in diminuzione o stabile; il fattore RT sia inferiore a 1; il numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella Covid-net per settimana siano stabili o in diminuzione; il numero di focolai attivi sia stabile o in diminuzione; non ci siano focolai per cui non sia stata realizzata una valutazione del rischio e valutata l’opportunità di istituire una “zona rossa”.
Prima di passare alla Fase 2 A serve un’ultima valutazione. Serve che i servizi sanitari non siano sovraccarichi, che ci sia abilità di testare tempestivamente tutti i casi sospetti, che ci sia capacità di pronto intervento, che si possano garantire adeguate risorse per il tracciamento dei contatti, isolamento e quarantena. Se tutti questi criteri sono superati si può passare alla Fase 2 A che vivremo dal prossimo 4 maggio.
La Fase 2 A e la Fase 2 B
Dal 2 maggio, secondo quanto prevede il Governo, ci sarà continuamente la possibilità di tornare al lockdown qualora i criteri sopra non vengano più soddisfatti. Si potrebbe tornare alla serrata qualora aumentino i contagi o il trend peggiorasse o ancora se peggiori la capacità dell’amministrazione sanitaria di tracciare i casi e controllare quarantene e isolamenti. Questa valutazione sarà fatta ogni settimana o ogni mese, a seconda dei casi.
Per passare dalla Fase 2 A alla Fase 2 B bisognerà raggiungere un’altra capacità, cioè quella di effettuare un monitoraggio epidemiologico. Si tratta cioè della capacità di elaborare i dati che pervengono e controllare e valutare lo stato di salute della popolazione. Tale capacità di monitoraggio epidemiologico pare che potrebbe essere approntata tramite l’app Immuni e i test immunologici che il Governo intende fare a campione su 150 mila persone. Qualora anche questa capacità sia presente si passa alla Fase 2 B.
La necessità del vaccino, la Fase 3 e la Fase 4
A quel punto il percorso previsto dal Governo non sarà concluso: le “maglie delle restrizioni” si allargheranno ma non saremo ancora tornati alla normalità. Prima del passaggio alla Fase 3 (anche detta “ripristino”) sarà necessario che si realizzai un’altra realtà: l’accesso diffuso a trattamenti e/o ad un vaccino sicuro ed efficace. Non si specifica quali trattamenti si intende e bisognerà vedere cosa emergerà. I tempi sembra però che non saranno brevi a meno che non esca fuori un “vaccino sicuro ed efficace”.
Anche passati alla Fase 3, nulla finirà e non si passerà alla Fase 4 se non finirà la pandemia. È infatti la “fine della pandemia” la condizione necessaria al passaggio della Fase 4. Quando la pandemia sarà finita, si potrà passare oltre. Ma perché finisca la “pandemia” e non “l’epidemia” ciò significa che il Sars-cov-2 non sarà più contemporaneamente presente in tutti i continenti una “trasmissione aumentata e continua fra la popolazione”. Come la dichiarazione di “pandemia” spetta all’Organizzazione Mondiale della Sanità, anche la revoca, evidentemente, spetterà allo stesso organismo. Purtroppo, tra una fase e l’altra, non è possibile dire che il mese prossimo tutto sarà finito.